L’amor generoso, Venezia, Rossetti, 1707

 ATTO PRIMO
 
 Sala interna nelle stanze di Girita.
 
 SCENA PRIMA
 
 GIRITA ed ALDANO
 
 ALDANO
 Ecco il giorno, in cui tutto
 s’agita il mio destin. Vuol le tue nozze,
 benché sposo di Alvilda, il re crudele,
 re che per mia sciagura
5deggio, più che fratel, dir mio tiranno.
 GIRITA
 Tenti, prieghi, minacci;
 per gli alti dei, custodi
 di questo regno, il giuro,
 nulla l’empio potrà. Costante e forte
10la mia fé, l’amor mio
 serberò al caro sposo e quel...
 
 SCENA II
 
 FRILEVO e li suddetti
 
 FRILEVO
 E quel son io.
 ALDANO
                            (Numi!)
 GIRITA
                                              (L’iniquo!)
 FRILEVO
                                                                     Il nodo
 or qui fia stabilito. Aldano.
 ALDANO
                                                   Sire.
 FRILEVO
 Parti né osar di più veder Girita,
15l’idolo di Frilevo.
 ALDANO
 Orché d’altra se’ sposo?
 FRILEVO
                                              Un re ti chiede
 ossequio e non consiglio.
 ALDANO
                                                In altro tempo
 pronto avrei rispettato...
 FRILEVO
                                               In ogni tempo
 son tuo re, se’ mio suddito.
 ALDANO
                                                    Ma ancora
20son tuo germano; e sovra me non hai
 altro alfin di vantaggio
 che un più presto natal, dono del caso.
 FRILEVO
 Ma che ha tutto il poter.
 ALDANO
                                              Se sugli affetti
 il dominio si usurpa,
25tirannico è ’l poter.
 FRILEVO
                                      Tal dunque e’ sia;
 e cominci da te. Custodi...
 GIRITA
                                                  Ah! Frena
 l’ire mal nate. E tu, mio caro Aldano,
 se non vuoi ’l rischio tuo, temi il mio pianto.
 Parti. Sugli occhi istessi
30del possente rival fede ti giuro
 e fede ti confermo.
 Parti mio, resto tua. Può ’l rio comando,
 ch’odi esige ubbidito e non rispetti,
 i corpi disunir, non mai gli affetti.
 ALDANO
 
35   Il mio cor non si spaventa
 di un comando sì crudel,
 
    perché troppo lo contenta
 il lasciarti sì fedel.
 
 SCENA III
 
 FRILEVO e GIRITA
 
 FRILEVO
 Di una vana costanza
40non ti far più trofeo, bella Girita.
 Ama un re che ti adora. Ama un affetto
 che uscì da’ tuoi begli occhi e fu mia pena,
 che or parte dal mio core ed è tua sorte.
 GIRITA
 Il mio sposo amerò sino a la morte.
 FRILEVO
45Quale sposo ti fingi?
 Ov’è ’l tempio? Ove il talamo? Ove il rito?
 Ove il nodo si strinse? Ove le destre?
 GIRITA
 Amor fe’ gl’imenei. Senz’altra pompa,
 alma unendo con alma,
50ei fu l’ara, ei la dote,
 egli il pronubo, il nume, il sacerdote.
 FRILEVO
 L’amor di un re si oppone; io mia ti voglio.
 GIRITA
 Quante vuoi nel tuo talamo? Anche Alvilda...
 FRILEVO
 Né fu né fia mia sposa.
 GIRITA
55E la giurata fede?
 FRILEVO
 Politica la diede e amor la toglie.
 GIRITA
 L’amor del re prenda misure e voti,
 più che dal suo piacer, dal ben del regno.
 FRILEVO
 Dunque perché son re, deggio a me stesso
60esser tiranno e servo?
 Né mi è lecito amar?
 GIRITA
                                         Lice, s’è giusto.
 FRILEVO
 E l’amar ciò che piace è forse ingiusto?
 
    Voi sol piacete, o lumi,
 e voi sol voglio amar.
 
 GIRITA
65Sire, il veggo. Al tuo amore
 cede la tua ragion. Se teco i prieghi,
 se valessero i pianti, io ti direi
 supplice e lagrimosa:
 «Obblia questa fatal beltà infelice;
70ama il ben del tuo regno e la tua sposa».
 Ma poiché sol ti muove ingiusta brama
 e vuoi che questo giorno
 l’ultimo sia di un risoluto amore,
 odi ciò ch’io rispondo
75con franco cor, più che con voce ardita:
 «Sì, l’ultimo ei sarà ma di mia vita».
 
    Sparger non vo’ più lagrime
 ma sangue spargerò
 sol per placarti.
 
80   Ne l’ultima mia sorte,
 dimmi spietata o forte,
 cor per morire avrò,
 non per amarti.
 
 SCENA IV
 
 FRILEVO e poi ASMONDO
 
 FRILEVO
 Tanto dunque egli è vil l’onor di un trono,
85il letto di un monarca
 che bello a paragon sembra un feretro?
 
    Ire feroci, orribili
 in seno di re,
 svegliatevi, armatevi...
 
 ASMONDO
90Sire, minaccia Alvilda
 stragi e ruine. Ella di udir più niega
 le tue inutili scuse.
 L’odio ne temi.
 FRILEVO
                               E che osar può?
 ASMONDO
                                                              Di’ pure:
 «Che osar non puote una regina offesa,
95con l’armi in mano e con le furie in seno?»
 Sai qual dal patrio lido
 pel baltico oceano,
 cui più de’ scogli han reso
 periglioso i corsari,
100formidabil navilio ella a noi trasse.
 FRILEVO
 O dio! Perder Girita,
 egli è un perder per me corona e vita.
 ASMONDO
 Se per Girita ardevi,
 a che chiamar da la Norvegia Alvilda?
 FRILEVO
105Meco amor prese il tempo
 men opportuno. Ei dopo stretto il nodo,
 con più mortale offesa
 la piaga aperse e non trovai difesa.
 ASMONDO
 Dunque vorrai?...
 FRILEVO
                                   Se del tuo re ti prende
110pietà, fedele Asmondo,
 vanne, ten priego, a la real donzella
 e tutta a lei pietosamente narra
 la debolezza mia; dille il mio fato;
 dille il mio duol. Di’ che conosco il torto,
115che ne chieggio perdono,
 che altro non posso e che più mio non sono.
 ASMONDO
 E se l’ira non cede? E invendicata
 s’ella tornar ricusa
 col disonor del suo ripudio al regno?
 FRILEVO
120Onor d’altro imeneo vinca il suo sdegno.
 ASMONDO
 Qual fia lo sposo?
 FRILEVO
                                   Aldano; e perché in esso
 non le manchi un diadema,
 re lo dichiaro e la metà gli cedo
 di mie provincie. Asmondo...
 
 SCENA V
 
 SIVARDO e li suddetti
 
 SIVARDO
125Re, se a chi leggi impone
 leggi arreco, il condona.
 FRILEVO
 Che fia, Sivardo?
 SIVARDO
                                   Il popolo già in armi
 in questo di ti chiede
 o le nozze di Alvilda o ’l tuo diadema.
 FRILEVO
130Dovrei l’anime infide
 punir, non compiacer. Pur l’ire affreno.
 Il contumace popolo vassallo
 oggi me vedrà sposo e lieta Alvilda.
 Ad Aldano m’invio. Tu, caro Asmondo,
135usa fede, usa ingegno;
 e a te di Elfreda, mia real germana,
 giuro le nozze in guiderdon de l’opra.
 SIVARDO
 (Di Elfreda? O me infelice!)
 ASMONDO
 Troppo eccelsa mercede.
 FRILEVO
140La tua sorte è in poter de la tua fede.
 
    A chi non posso amar,
 dirai che ne ho dolor.
 
    Vorrei, dovrei, lo so,
 a lei serbar la fé.
145Ma che?
 Voler, dover che può
 dov’è tiranno amor?
 
 SCENA VI
 
 ASMONDO e SIVARDO
 
 ASMONDO
 Sinor fummo rivali
 negli affetti di Elfreda. Ella è già mia.
150Ne ho la fede real. Tu datti pace.
 SIVARDO
 De’ regnanti è fallace,
 non men che la fortuna, anche la fede.
 ASMONDO
 Resta pur col tuo inganno. In me vien meno
 l’odio antico mortale;
155ed estremo è ’l mio bene,
 se già sento pietà del mio rivale. (Parte)
 SIVARDO
 Ne l’amistà di Aldano
 confidatevi, affetti. Il fatal laccio
 non anche è stretto; e Asmondo
160non anche gode a la sua sposa in braccio.
 
    Sarò più fortunato,
 se tolgo al mio rival l’amato bene.
 
    Mi renderan più grato
 l’oggetto del piacer l’aspre sue pene.
 
 Cortile interno di palazzo suburbano con veduta di giardini.
 
 SCENA VII
 
 ALVILDA
 
 ALVILDA
 
165   Penso, bramo; e non intendo
 né la brama né ’l pensier.
 
    Formo un voto e poi mi pento;
 gli do bando e lo richiamo;
 e lo stesso pentimento
170è ’l martirio del voler.
 
 Che più ti affanni, Alvilda? Oggi tuo fia
 il soglio di Frilevo,
 o dono del suo amore o tua conquista.
 Sarai moglie... Ahi! Qual nome?
175Moglie? O pigre dimore
 del mio sposo infedel, già vi perdono.
 Sinché moglie non sono,
 con innocenza amar mi lice ed amo.
 Amo? Ma chi? Con quale spene? O bella
180immagine adorata,
 escimi alfin di cor, lasciami in pace.
 Tu nel patrio mio ciel, caro Sivardo,
 quasi fulmine ardente,
 strisciasti; io vidi ’l lampo e sentii ’l colpo,
185lampo che mi abbagliò, colpo che m’arse.
 Questo è ’l natio tuo suol. L’aure son queste
 che da te respirate
 son mantici a la fiamma onde tutt’ardo.
 O Sivardo, Sivardo,
190che mi giova l’amarti,
 s’esser deggio di altrui né tua esser posso?
 O di regno, o di stato
 tirannica ragion, giunta a dar leggi
 sino a la libertà de’ nostri affetti,
195quelle che unisci in tirannia del core
 quando furono mai nozze di amore?
 
    Lieta canta e dolce ride
 la romita tortorella,
 la innocente pastorella.
 
200   Palesando al suo diletto
 a la fonte o nel boschetto
 l’amorosa sua facella,
 ride e canta e questa e quella.
 
 SCENA VIII
 
 ASMONDO ed ALVILDA
 
 ASMONDO
 Regina eccelsa.
 ALVILDA
                               A che ne vieni, Asmondo?
205Vuole il re le mie nozze?
 Vuol l’ire mie? Fievoli scuse e vane
 più non mi espor. Più tosto
 dimmi ch’è infedeltà la sua tardanza.
 D’altra egli avvampa; e del mal nato ardore
210ben mi giunse da lungi
 qualche scintilla a balenar sugli occhi.
 Pure attesi il trionfo
 di sua ragion. L’ire primiere io vinsi.
 La vendetta sospesi e tacqui e finsi.
 ASMONDO
215Né più si finga. È ver, regina, è vero.
 Fu sì debole il re che mal difese
 quel cor ch’esser dovea sol tua conquista.
 D’altro bello e’ si accese...
 ALVILDA
 Spergiuro e vil, contra la fede? In onta
220al mio grado? A le leggi? A’ giuramenti?
 Stabilir le mie nozze?
 Attender ch’io disciolga
 dal mio suol? Che al suo giunga,
 per ischernirmi e rimandarmi, infido,
225ove i’ sia mostra a dito,
 favola de’ vassalli e de le genti?
 ASMONDO
 Ben vede il torto...
 ALVILDA
                                    E crede
 che impune io ’l soffra? Andran pria tutti a fuoco,
 tutti a ferro i suoi regni, i suoi vassalli.
230Oltre il Baltico e l’Orse
 farò giugner le strida e le faville
 de le vedove spose,
 de le provincie incenerite ed arse;
 e Alvilda, di Norvegia
235la possente regina e la negletta,
 renderan nota al mondo
 e l’offesa egualmente e la vendetta.
 ASMONDO
 Grave egli è ’l torto; e non minor ne arreco
 il compenso, o gran donna.
 ALVILDA
                                                   E qual?
 ASMONDO
                                                                    Le nozze
240del prence Aldano e mezo seco il regno.
 ALVILDA
 Bolle ad Aldano entro le vene un sangue
 ch’io già detesto.
 ASMONDO
                                  Ah! Non voler col reo
 confonder l’innocente.
 ALVILDA
                                           È sua gran colpa
 l’esser fratel di un empio.
 ASMONDO
                                                 In lui tu offendi
245la più rara virtù che in terra sia
 e l’opra più perfetta de gli dei.
 ALVILDA
 (Tal vi parve Sivardo, affetti miei).
 ASMONDO
 Regina, a cor sincero
 ti parlo. Perdi un sposo
250grande sì, non amabile. Un ne acquisti,
 in cui vanno del par grazia e beltade.
 Marte è, se l’elmo cinge, Amor, se sciolte
 spiega le bionde chiome.
 Ogni suo moto, ogni sua voce, ogni atto
255delizia è de la mente,
 incanto è de lo sguardo.
 ALVILDA
 (Tal era, alor che ’l vidi, il mio Sivardo).
 ASMONDO
 Ma che parlo? Tu stessa
 giudice insieme e testimon ne fosti,
260alorch’egli di Europa
 vide le corti e ne la tua Norvegia
 trasse, mentito il grado,
 lunghe dimore.
 ALVILDA
                               Ei fu in Norvegia?
 ASMONDO
                                                                   Alora
 ne avea lo scettro il tuo gran padre Irvillo.
 ALVILDA
265Ci venne ignoto?
 ASMONDO
                                  Onde osservar potesse
 de’ regni altrui meglio i costumi e i riti.
 ALVILDA
 Quant’ha?
 ASMONDO
                       Due volte ha corsi
 gl’immensi spazi in annuo giro il sole.
 ALVILDA
 (O dio! Fu quello il tempo,
270in cui vidi ed amai. Cieli! In Aldano
 mi offrireste Sivardo? O voti! O spene!
 O mia felicità, s’egli è ’l mio bene!)
 ASMONDO
 (Seco favella).
 ALVILDA
                             Asmondo,
 sia pietà, sia ragion, l’armi sospendo.
275Veggasi Aldano; e se a l’idea conforme
 corrisponde l’oggetto,
 abbia pace Frilevo, abbia perdono
 e mezzo il regno suo goda in mio dono.
 
    Amabile e vezzoso
280credo che sia lo sposo;
 ma vo’ che piaccia a me.
 
    Con l’altrui cor non amo;
 ma vo’ dar fede agli occhi;
 e s’egli fia qual bramo,
285sarà mio sposo e re.
 
 Luogo di fontane nel palazzo reale.
 
 SCENA IX
 
 FRILEVO e GIRITA da varie parti
 
 FRILEVO
 (Come giugne opportuna
 la mia bella tiranna!)
 GIRITA
                                          (E qual mi offrite
 detestabile oggetto, ingrati lumi!)
 FRILEVO
 Ferma, crudel. Perché fuggirmi?
 GIRITA
                                                              Ossequio...
 FRILEVO
290Se ’n traccia del tuo Aldano amor ti porta,
 qui ne attendi il piacer.
 GIRITA
                                              Sovvienmi, o sire,
 del divieto real. Parto e ubbidisco.
 FRILEVO
 Eh! Non son, principessa,
 sì tiranno al tuo cor. Fermati; io dono
295a’ tuoi teneri affetti il rivederlo
 e sola in libertà seco ti lascio.
 GIRITA
 (Non attesa pietà, mi se’ sospetta).
 FRILEVO
 Ma se hai cari i suoi giorni,
 nascondigli il tuo amor. Digli che ad altra
300le sue fiamme rivolga; e se non osa
 il rigido decreto
 uscir del labbro timido ed amante,
 gliel dica il tuo tacer, l’occhio e ’l sembiante.
 GIRITA
 Signore...
 FRILEVO
                     Io colà ascoso
305osserverò geloso
 e le tacite voci e i muti sguardi.
 Girita, anche il ripeto. Un sol tuo gesto,
 un sospiro, una lagrima, un accento
 la condanna sarà de la sua vita.
 GIRITA
310Infelice Girita!
 FRILEVO
 Ei viene.
 GIRITA
                    Ah! Pria...
 FRILEVO
                                         Ti lascio.
 Ben consiglia i tuoi detti, i gesti, il volto;
 e pensa ch’io ti miro e ch’io ti ascolto.
 
 SCENA X
 
 GIRITA ed ALDANO
 
 GIRITA
 Potessi almen ritrarmi... Almeno dirgli...
315Eccolo... Io son perduta.
 ALDANO
 Girita, anima mia,
 oh, dacché ti lasciai col fier regnante,
 quai timori, quai pene
 provai per te! Che fe’? Che disse? Come
320ti togliesti al suo amor? Come al suo sdegno?
 Ahimè! Non mi rispondi?
 Tal mi accogli? Perché?
 GIRITA
                                             Parti e rispetta
 il decreto sovrano.
 ALDANO
 Noi siam qui soli. Ad altri affari intento
325or lontano è ’l rival.
 GIRITA
                                      Son questi luoghi
 pieni del suo poter. Sin questi sassi
 han per lui sguardo e voce; ed ei presente,
 spesso tutt’ode e sente.
 ALDANO
 E da quando sì timida, o Girita?
 GIRITA
330(Affetti, per pietà siate crudeli).
 ALDANO
 Chi ti rende cotanto
 da te stessa diversa? Insino, oh dio!
 ricusarmi un tuo sguardo?
 Forse in odio ti son? Ti abbagliò forse
335lo splendor del diadema? Ah, s’io ’l credessi...
 Di’, per quella ten priego
 del nostro amor soave rimembranza,
 per quegli dei che mi giurasti, o sposa,
 onde il silenzio? Onde il rigor? Qual nume,
340qual destino si è mosso
 a’ danni miei? Parlami, o dio!...
 GIRITA
                                                            Non posso.
 
    Non posso, Aldano... (Il labbro
 quasi ti disse «o caro»
 e quasi sospirò).
 
345   Parto. Destino avaro
 a te mi toglie. Addio.
 (Vorrei dirgli «idol mio»
 ma la lingua non osa e ’l cor non può).
 
 SCENA XI
 
 ALDANO e poi FRILEVO
 
 ALDANO
 Fu Girita ch’io vidi?
350Girita che parlò? S’ella è infedele,
 dov’è virtù, dove più fede in terra?
 FRILEVO
 (Opportuno è ’l momento).
 Germano, a te verrei, felice amante,
 con più giulivo aspetto,
355se non fosse il dolor che ho di tue pene.
 ALDANO
 Sire, egli è vero adunque
 ch’io son tradito? E che Girita...
 FRILEVO
                                                            Al lampo
 di un titolo real cadde abbagliata.
 ALDANO
 (Alma mia sventurata).
 FRILEVO
360Gran perdita al tuo amor; ma tal ne arreco
 prezzo che tua sciagura
 saria non esser misero. Ti cedo
 l’ampia Selanda e re ne sii. Le nozze
 pur ti cedo di Alvilda; e di due regni
365seco sostieni il pondo.
 ALDANO
 Senza Girita odio la vita e ’l mondo.
 FRILEVO
 Mio fratello, ah! ti vinca
 questo tenero nome.
 Più non turbar la mia fortuna. In pace
370lasciami un cor ch’è mio. Le nozze accetta
 di un’illustre regina; e se ripugna
 un amor ch’è fedel, benché sia offeso,
 vanne almeno ad Alvilda;
 vedine il bello.
 ALDANO
                              Eh! Sire,
375vaga è Alvilda e gentil. Ne la Norvegia
 la vidi e l’ammirai.
 FRILEVO
                                      Le avrà ’l diadema
 dati nuovi ornamenti.
 Vanne e la vedi ancora
 almen per obbligarmi e per gradirmi.
 ALDANO
380Giusto è ’l tuo voto e ricusar nol deggio.
 FRILEVO
 Sì, caro, e a me, se puoi,
 torna non più rival. Torna ripieno
 di nuovo ardor, per tua e mia pace, il seno.
 
    Torna amante di vago sembiante
385per vendetta di un genio incostante
 e per pace d’un’alma real.
 
    Ne l’oggetto cangiando di affetto,
 a te rendi un germano diletto,
 a me togli un ingrato rival.
 
 SCENA XII
 
 ALDANO e poi SIVARDO
 
 ALDANO
390Il re, non senza arcano,
 vuol ch’io vada ad Alvilda.
 Pavento insidie e le comprendo in parte;
 ma forse schernirò l’arte con l’arte.
 SIVARDO
 Legge è del re, mio prence,
395ch’io teco venga a la regina e i voti
 poscia ne intenda.
 ALDANO
                                    Amico,
 del tuo zelo m’è d’uopo.
 Grave è l’affar; ma se ’l mio amor, se hai cari
 di Elfreda gl’imenei...
 SIVARDO
                                           Con tal mercede
400perché il merito togli a la mia fede?
 ALDANO
 Cangiar dei meco e nome e grado. Aldano
 tu sarai per Alvilda ed io Sivardo.
 SIVARDO
 Strana frode!
 ALDANO
                            E di amor figlia gentile.
 SIVARDO
 Ma difficil per me. Come poss’io
405ben sostener de la tua fama il grido?
 ALDANO
 Anzi molto occultar dei di te stesso,
 finger ruvido tratto, aspro sembiante,
 lodar la sua beltà ma con fierezza,
 favellarle di amor ma con orgoglio,
410offrirle il letto e non parlar del soglio.
 SIVARDO
 Ma non fosti in Norvegia?
 ALDANO
                                                  Io fin d’alora
 ad Alvilda mi offersi
 col nome di Sivardo e tal mi crede.
 Tutto ci arride. Solo...
 SIVARDO
415Da l’opra mia conoscerai mia fede.
 ALDANO
 
    Amor di re tiranno,
 di te la palma avrò.
 
    L’insidie de l’inganno
 con l’arte schernirò;
420e fasto con virtù combatterò.
 
 SCENA XIII
 
 SIVARDO
 
 SIVARDO
 Risorgimi nel seno,
 amorosa speranza,
 alimento e piacer de la costanza.
 
    Non vil, non superba,
425speranza, ti voglio.
 
    È sempre in amore
 di affanno il timore,
 d’inganno l’orgoglio.
 
 Fine dell’atto primo